Qualche indicazione in tema di maltrattamenti in famiglia o tra conviventi

Essere informati e affrontare tempestivamente le difficoltà è fondamentale per poterle superare.

Cosa si intende per maltrattamenti?

I maltrattamenti costituiscono una fattispecie prevista e punita dal nostro codice penale (art. 572 c.p.). Si tratta di una condotta abituale composta da tanti momenti: non parliamo di singole condotte, ma di più azioni che si ripetono nel tempo e che hanno come finalità quella di ferire l’integrità fisica e psichica della persona, di minarne l’autostima e l’integrità morale. E’ un fenomeno trasversale che si presenta a prescindere dalle diverse realtà e situazioni sociali, economiche o culturali: chiunque può essere vittima di maltrattamento con manifestazioni dalle diverse sfaccettature.

Cosa può fare in concreto una vittima di maltrattamento?

Una persona che è abituata ad essere maltrattata e a subire può avere molte difficoltà anche soltanto nell’intravedere una via di uscita, nel trovare la forza ed il coraggio di chiedere aiuto rivolgendosi al proprio medico, ad un ospedale perché i sanitari possano documentare le lesioni e i segni evidenti dei maltrattamenti. Può avere difficoltà a rivolgersi ad un professionista esperto in psicologia (per trovare quella forza e quel coraggio di cui abbiamo appena parlato!), ad un centro antiviolenza, alle forze dell’ordine, ad un avvocato che possa accompagnare, informare, fornire indicazioni utili e raccogliere tutti gli elementi da portare all’attenzione dell’autorità giudiziaria.

Non dimentichiamoci del codice rosso (frutto di una legge del 2019) che ha proprio la finalità di rafforzare la difesa delle persone vittime di maltrattamenti, prevedendo, tra altro, un’accelerazione nella fase di avvio del procedimento penale, in particolare nella comunicazione della notizia di reato dalla polizia giudiziaria al pubblico ministero.

Nei casi di violenza domestica o di genere, infatti, il Pubblico Ministero è tenuto ad ascoltare la persona offesa o il denunciante entro tre giorni dall’iscrizione della notizia di reato salve esigenze di tutela di minori o di riservatezza delle indagini, sempre nell’interesse della persona offesa.

In questo modo il magistrato può tempestivamente valutare la necessità di mettere in atto misure cautelari coercitive nei confronti della persona sottoposta ad indagini (come l’allontanamento dalla casa familiare o il divieto di avvicinamento dai luoghi frequentati dalla persona offesa)).

L’accusato invece, cosa può fare per difendersi da un’accusa di maltrattamenti?

Non si può dare una risposta valida per tutti in quanto la difesa dipende ovviamente dai singoli casi. Credo sia giusto sottolineare che esistono fenomeni di manipolazione dei dati di realtà e di denunce in tutto o in parte non del tutto corrispondenti al vero (ad esempio in casi di alta conflittualità familiare). In questi casi è compito dell’avvocato evidenziare gli elementi che consentono di smontare l’accusa oppure gli aspetti che permettono di dimostrare che non esistono determinati fatti sia da un punto di vista oggettivo che soggettivo.

Sia per la persona offesa che per l’accusato, è fondamentale parlare di prevenzione e cura: il fenomeno dei maltrattamenti è come una malattia che se viene presa per tempo consente più margini di intervento e di guarigione. Al netto di quei casi che richiedono un percorso di totale rieducazione psicologica e comportamentale, la presa di consapevolezza di non riuscire a gestire e contenere la propria rabbia al punto di agirla contro gli altri ed in particolare contro i propri familiari è un passo avanti di enorme valore.

Quali sono i rischi per chi viene giudicato colpevole di maltrattamento?

Le pene previste vanno attualmente dai tre ai sette anni di reclusione. Negli ultimi anni le pene sono state gradualmente inasprite dal legislatore: sono previste aggravanti in caso di maltrattamenti su minori, donne in gravidanza o portatori di disabilità. In caso di lesioni gravi, gravissime o in caso di morte della vittima, in conseguenze del reato, le pene arrivano da 12 fino a 24 anni di reclusione.

E’ importante sottolineare che in caso di condanna il codice rosso prevede che la concessione della sospensione condizionale della pena venga subordinata a percorsi da seguire presso enti specializzati nella presa di consapevolezza nell’ambito dei reati di violenza di genere. Per quanto imposti a posteriori dal Giudice, per il condannato possono tradursi in un valido aiuto verso un consapevole cambiamento comportamentale e relazionale.


Non isolatevi, parlate, parlate con amici, parlate con persone fidate, parlate con professionisti esperti che sappiano accogliere, approfondire laddove necessario, informare e accompagnarvi.

di seguito la mia intervista integrale rilasciata a Storytime.